Daniele Bresciani, giornalista, dal 1988 ha lavorato per quotidiani e settimanali tra i quali La Gazzetta dello Sport, Grazia e Vanity Fair di cui è stati vicedirettore fino al 2012. In passato ha scritto per testate straniere come The Guardian e The Sunday Times Magazine. Attualmente lavora nella Direzione Comunicazione della Ferrari a Maranello.
Ha pubblicato “Anime trasparenti” per Garzanti Editore e lo abbiamo intervistato per farci raccontare com’è nato questo libro.
1. Ci porti con questo libro tra i bambini immigrati della periferia milanese. Ci vuoi raccontare in breve la trama e da quale idea nasce questo romanzo?
D.: È tutto legato, tutto quello che hai detto di me è legato a questo libro. Sono un giornalista e questo libro nasce da un dato di cronaca: la scomparsa dei bambini, che nel nostro paese è molto più frequente di quanto si possa immaginare. Secondo i dati ne scompare uno ogni quarantott’ore. Sembra assurdo, ma è la realtà. Quindi sono partito da questo per raccontare una storia ambientata nella periferia milanese, che è la mia città, e che ha come protagonista un ispettore di polizia, che si chiama Dario Miranda, che si trova all’inizio del libro con tre eventi apparentemente slegati. L’uccisione di un delinquentello, una prostituta anche lei uccisa, e una donna che viene investita e ricoverata in coma in ospedale. Questi tre fatti sono uniti da un filo e sarà Miranda a dover capire che cosa li unisce. Soprattutto sarà questa donna investita, Gloria, a smuoverlo, perché è una donna con cui lui ha avuto un legame in passato e che lo spinge a fare questa indagine.
2. Ho letto il tuo romanzo che ho apprezzato molto, specialmente l’umanità di Dario Miranda, da dove nasce l’idea per questo personaggio?
D.: Mi piacerebbe dire che è solo un poliziotto e punto. Mi piace che tu dica che ha dell’umanità, che gli arriva sicuramente anche da Gloria, perché è un poliziotto che mette al primo posto la giustizia, più che la legge. A volte aggira la legge per arrivare al suo scopo, che è quello di arrivare alla giustizia e proprio quando c’è dell’umanità da salvaguardare, la mette in primo piano. Come in questo caso, per esempio chiudendo un occhio sull’attività di Gloria, che dava asilo ai figli degli immigrati irregolari.
3. Esistono tante Gloria che lavorano in silenzio e senza mai stancarsi, in ambienti difficili. Da dove nasce l’esigenza di raccontare la storia di una donna vicina ai bambini? Era utile alla storia?
D.: Gloria ha fondato quella che chiama La casa dei cento bambini, dove i figli di immigrati irregolari possono arrivare senza problemi. Chi non ha la possibilità o chi non vuole rivolgersi a un’istituzione o una scuola pubblica, perché ha paura di controlli, può portare lì il proprio figlio perché sa che verrà accolto, che sia cinese, africano, sudamericano o quant’altro… E’ una zona franca per tutti i bambini. La cosa curiosa è che il personaggio di Gloria l’ho inventato e non c’era niente che mi facesse pensare che potesse esistere un posto come quello. Quando ho finito di scrivere il libro, ho letto di un posto a Roma, una biblioteca proprio nata con questo scopo e aperta ai figli degli immigrati, con i libri di tutte le lingue, di ogni forma e natura, che ci dimostra che questi luoghi e queste persone ci sono anche nella realtà, per fortuna.
4. Principalmente il romanzo è ambientato in questa periferia milanese, complessa e con situazioni difficili, in cui però, tra immigrazione e delinquenza, si trova anche il modo di aiutarsi a vicenda: quanto di questa periferia è realtà e quanto è speranza che lo sia?
D.: Io sono cresciuto in quella periferia di Milano, che era naturalmente molto diversa quando ero bambino, perché avendo ora cinquantasette anni all’epoca era una periferia che non aveva l’immigrazione forte che abbiamo oggi. Però un’integrazione c’è, è possibile più di quanto si possa immaginare. Credo che siamo purtroppo ancora lontani da un’integrazione completa, però piano piano ci si arriva. Chissà che proprio questa emergenza di coronavirus che ci ha colpiti, non ci faccia capire che siamo tutti gli “altri” di qualcuno e che ci aiuti a riavvicinarci.
5. «Sono anime trasparenti. Qui dentro potranno tornare a esistere e a essere quello che sono: bambini.» Un passaggio che mi ha colpita molto: anime trasparenti. Come è nata questa descrizione che trovo particolarmente adatta a dei bambini, simbolo di innocenza?
D.: Ho usato volutamente la parola “trasparente”, perché ha una doppia valenza: consideriamo trasparente qualcosa di pulito, di bello. Un bambino è trasparente perché vediamo quello che pensa, la reazione non è mediata dall’età e dalla società, è quello che è: un bambino. Però trasparente è anche invisibile, perché spesso noi facciamo in modo di non vedere quello che non vogliamo vedere. Una persona per noi diventa trasparente, lo facciamo spesso, giriamo la testa dall’altra parte, quello che ci dà fastidio lo evitiamo. Quindi queste anime trasparenti sono pulite e allo stesso tempo troppo invisibili per noi che facciamo finta di non vederle.
6. Ciò che più mi ha colpita nel tuo romanzo è il profondo sentimento di ogni personaggio: Miranda, Gloria, Anna, Rizzo sono sempre mossi da buone intenzioni, e questo è un particolare che non si trova in molti romanzi. C’è un desiderio di positività che vuoi trasmettere attraverso di loro?
D.: Considero questo un complimento, come quello fatto da Alessandro Robecchi, che ha scritto la fascetta del libro, nella quale dice: “Un romanzo nel quale i personaggi sono finalmente persone.” Mi ha fatto molto piacere sentirmelo dire, ho cercato di rendere i dialoghi il più possibile credibili, pur essendo un’opera di fantasia, ma mi piace pensare che qualcuno leggendo si possa identificare, possa trovare delle situazioni che vive nella quotidianità e quindi sono contento se questo messaggio riesce a passare e soprattutto se riesce a passare un messaggio positivo nel momento in cui ne abbiamo bisogno, pur essendoci naturalmente il male.
7. Chiudiamo questa intervista parlando dei tuoi progetti futuri, racconta ai nostri lettori cosa possiamo aspettarci nei tuoi prossimi lavori.
D.: Sto scrivendo un nuovo Miranda, perché sono contento di dirlo qui: la Garzanti me l’ha chiesto, le è piaciuto questo personaggio anche se non era nato per farne un seguito. Quindi ho già cominciato a scrivere una nuova storia, sempre ambientata a Milano e sempre con le passioni di Miranda che lo caratterizzano, le passeggiate nei parchi e gli animali. Vediamo se riuscirà ad arrivare in fondo all’indagine anche questa volta!
Intervista realizzata da Cecilia Lavopa a cura di Adriana Pasetto