Michele Navarra, avvocato penalista dal 1992, nel corso della sua ormai decennale carriera ha avuto modo di seguire in prima persona alcune delle vicende giudiziarie più importanti della storia italiana, dalla strage di Ustica ai fatti della banda della Uno bianca. Proprio grazie alla sua esperienza sul campo, ha elaborato una convinzione che è quasi una dichiarazione di poetica: «Il processo penale italiano è assolutamente avvincente e anche spettacolare, basta essere capaci di rappresentare, con il giusto grado di tensione narrativa, ciò che avviene nelle aule giudiziarie». Ha inventato la figura dell’avvocato Alessandro Gordiani: romano, ultraquarantenne, con un taglio di capelli militare e una Vespa scassata, è un personaggio che si divide tra le pesanti responsabilità della professione e l’indole ironica e scherzosa. Gli obblighi di avvocato lo mettono spesso di fronte a riflessioni profonde sui concetti di legge e giustizia che non sempre, a suo parere, coincidono. Il dover difendere persone colpevoli gli causa talvolta penosi rimorsi di coscienza. Non è un solitario: il suo studio pullula di avvocati che insieme costituiscono una squadra. Ha una moglie e due figlie ed è decisamente bravo.
Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del libro “Solo Dio è innocente”; Fazi Editore. Ecco quello che ci ha raccontato:
1) Del codice barbaricino di cui parla in questo episodio legato alla “saga” dell’Avvocato Gordiani, da dove ha preso l’idea da utilizzare in un libro e soprattutto cosa ne sa di più?
M.: L’idea è nata per caso. Ero alla ricerca di una storia da raccontare e mentre stavo passeggiando lungo un’assolata stradina della campagna sassarese ho visto in lontananza un trattore fermo in mezzo ai campi. E’ scattato un collegamento mentale con un vecchio caso di cui mi ero occupato tanti anni fa, ancora più efferato rispetto a quello raccontato nel romanzo, relativo appunto all’applicazione del codice barbaricino. E così, piano piano, è nato il romanzo.
2) Questo nuovo libro ci parla, purtroppo, di quello che mai nessuno vorrebbe sentire: l’omicidio di un ragazzino di 15 anni. Pensa che il mondo odierno, soprattutto quello criminale ormai non faccia più la distinzione tra adulti e ragazzini? Secondo lei non vige più quell’antico codice tra criminali di non toccare i bambini?
M.: Per la verità, non farei distinzioni particolari tra passato e presente. L’omicidio, soprattutto di un bambino, è sempre un’aberrazione della natura umana. Tuttavia, ieri come oggi la cronaca giudiziaria è piena di casi in cui non si è esitato a togliere la vita a un giovane senza troppi ripensamenti, magari perché testimone scomodo di qualche altro fatto criminale o come conseguenza (voluta o non voluta) di un altro reato.
3) Lei, nel suo romanzo, ci presenta due realtà completamente diverse. Quella cittadina di una Roma piena di attività e meraviglie storiche che si possono toccare con un dito e quella sarda immersa nella natura e negli sconfinati campi di Fonni e Gavoi, altrettanto meravigliosa. In quale delle due si riconosce di più caratterialmente?
M.: Direi in entrambe. Fondamentalmente, resto uomo di città, legato alle comodità che questo comporta, ma la bellezza, la purezza e la maestosità della natura (mi piacerebbe dire “incontaminata”, ma forse non possiamo più permetterci di usare questo aggettivo) esercitano su di me un fascino potente, una “vis attractiva” cui è difficile opporsi.
4) L’avvocato Gordiani non può non essere un suo alter-ego romanzato. Anche lei, come lo stesso Gordiani, pensa che ci siano dei “mostri” che sono indifendibili?
M.: Devo fare una doverosa distinzione. Dal punto di vista astratto, sono convinto che un ordinamento giuridico che possa definirsi civile debba consentire, anzi garantire a chiunque il diritto di difesa. Dal punto di vista pratico, invece, è la coscienza individuale a guidarci, con delle inevitabili ricadute a livello di efficacia processuale. Mi spiego meglio: per convincere qualcuno (ad esempio un giudice) di qualcosa (ad esempio dell’innocenza di una persona accusata di un crimine “mostruoso”) è necessario a mio avviso esserne convinti per primi. Se così non fosse, se la propria coscienza personale non consentisse di superare determinate “barriere”, inevitabilmente si finirebbe per essere poco efficaci a livello processuale. Almeno è così che la penso io. Quindi, da questo punto di vista, forse in un certo senso sì, gli “indifendibili” esistono.
5) In questo capitolo della “saga” incontriamo un giovane e abile pubblico ministero, il dottor Sangiorgi, avremo modo di ritrovarlo visto che è stato un personaggio molto riuscito?
M.: Anzitutto, mi fa piacere che tu mi dica che il personaggio del giovane pubblico ministero sia riuscito. In effetti, avevo pensato di renderlo protagonista anche in altre storie, perché Sangiorgi è un personaggio credibile, aperto, che vuole cercare di capire, che si pone domande e che non ha un atteggiamento di preclusione aprioristica nei confronti della difesa (e quindi dell’imputato), Insomma, è il pubblico ministero che vorrei trovarmi davanti (accanto?) in un processo.
6) Secondo lei, come pensa Gordiani, è vero che non esiste una giustizia “giusta” e che nessuno potrà mai sapere cosa è veramente successo in un caso di omicidio?
M.: La mia esperienza mi ha insegnato che sono davvero rare le volte che si riesce a capire veramente la dinamica e le reali motivazioni di un omicidio. Può invece verificarsi con maggiore frequenza che il colpevole venga scoperto, ma anche in questo caso, al termine del processo, a volte parlare di “giustizia giusta” è alquanto difficile. E potrei farti tanti esempi…
7) Come fa uno scrittore di romanzi gialli/noir/legal-thriller a costruire un colpevole credibile con tutte le sue caratteristiche, anche quelle più crudeli? Significa che ognuno di noi ha una parte di crudeltà insita nell’animo?
M.: È una domanda molto bella e interessante e anche molto… spinosa. Alle volte me lo sono chiesto anch’io: se riesco a descrivere la malvagità dell’animo umano così dettagliatamente e in modo così approfondito vuole forse dire che anche in me, in ognuno di noi, c’è una componente di “male” connaturata, addirittura genetica? Spero di no, preferisco pensare che la nostra capacità di descrivere determinate condotte e determinati stati d’animo sia dovuta più che altro all’esperienza accumulata sul campo, alle brutture che siamo costretti a vedere tutti i giorni intorno a noi, alla cronaca, anch’essa quotidiana, relativa a fatti efferati, brutali, insensati, che alla fine consentono a un autore di raccontare, in modo realistico, persone ed episodi simili.
8) Ho trovato la sua scrittura molto scorrevole e comprensibile. Mi è piaciuto scoprire in cosa consistesse un incidente probatorio, anche se a Gordiani non è proprio andato giù. Questo suo scrivere romanzi è anche per aiutare noi persone comuni a capire cosa si “nasconde” dentro le aule giudiziarie?
M.: Sono davvero contento che tu abbia centrato perfettamente uno degli obiettivi della mia scrittura, oltre naturalmente a quello di cercare di catturare l’attenzione del lettore. Sono convinto che capire come funziona qualcosa – e il mondo giudiziario non fa eccezione a questa regola – sia sempre di aiuto per comprendere appieno e a tutto tondo la realtà che ci circonda, per elaborare e metabolizzare nel modo corretto le informazioni che ad esempio ci vengono fornite dai media. Poi è chiaro che questo è solo un obiettivo incidentale.
9) Può un avvocato penalista e sensibile come Gordiani occuparsi di fatti efferati senza poi subirne, a lungo andare, conseguenze psicologiche?
M.: Credo di no, credo che sarebbe impossibile sia per Gordiani sia per qualsiasi altro professionista che abbia coscienza e sensibilità restare impermeabile a determinate situazioni… Col tempo si può diventare un po’ più duri, anche un po’ più cinici se vuoi, ma completamente immuni mai. E alla fine può diventare pesante…
10) Qui scatta la domanda da tifosa scherzosa: ma non era meglio laziale? … almeno qualcosa ogni tanto la vinceva a parte le sue cause …
M.: Dovrei risponderti come alle volte si sente fare nei legal drama televisivi: “Su consiglio del mio avvocato, mi rifiuto di rispondere a questa domanda”, invece sarò onesto: Gordiani, alla fin fine, è un sognatore, quindi… quale miglior sognatore di un romanista?
Le faccio tanti saluti e complimenti per il suo romanzo che mi è davvero piaciuto e che sono stata onorata di recensire per Contorni di Noir. Spero di leggere di nuovo di Gordiani e della sua squadra quanto prima.
M.: Sono io che ringrazio te per le bellissime domande (a parte l’ultima ovviamente!) e ricorda che resto a tua disposizione per ogni ulteriore chiarimento ti dovesse servire o per qualsiasi altra curiosità tu dovessi avere.
Intervista a cura di Silvia Marcaurelio