Storia della letteratura poliziesca spagnola nell’epoca del franchismo
Come detto nella prima parte dell’articolo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta il romanzo giallo conosce nella Spagna franchista un vero boom. Proliferano i libri da edicola che offrono a poche pesetas storie poliziesche e di spionaggio (di solito scritte da prolifici autori sotto pseudonimo), si cominciano a tradurre alcuni tra gli scrittori di thriller più importanti di lingua anglosassone e prende piede il fenomeno dei poliziotti romanzieri, che mettono nero su bianco le proprie esperienze nella vera lotta al crimine. In linea di massima si tratta di prodotti mediocri, che fanno presa su un pubblico poco esigente che si appassiona morbosamente – come in tutto il mondo – per gli episodi criminali più truculenti. Tra questi autori si ricordano Domingo Manfredi, Juan Antonio S. Bustamante, Manuel Cunha, Conrado Ordoñéz, Carlos Caba, Félix Martínez Orejón e Juan A. Escobar Raggio. Ma ce ne sono un altro paio che meritano maggior attenzione.
In particolare, la critica spagnola contemporanea segnala la figura controversa e avventurosa di Tomás Salvador, nato a Palencia nel 1921 e morto a Barcellona nel 1984. In gioventù lavorò come muratore ma a vent’anni si arruolò nella famosa Divisiòn Azul, il corpo militare di volontari che Franco mandò a combattere sul fronte russo, a fianco della Germania, nella Seconda guerra mondiale. Tornato dalla Russia, Salvador entrò nelle forze dell’ordine e per molti anni fu ispettore della famigerata Brigada politico-sociale, vale a dire la polizia politica del regime. Di lui però non si citano particolari azioni repressive, anzi uno scrittore ha raccontato che spesso difendeva determinati oppositori spiegando ai colleghi che non si trattava di comunisti, ma di “cattolici progressisti”. Dopo essersi congedato fu anche giornalista, editore e alla fine della sua vita gestì un chiosco che vendeva giornali. Di lui Sánchez Zapatero ha scritto che veicolava sì un messaggio di tipo fascista o quanto meno autoritario (del tipo “il criminale perde e la polizia vince”), ma era anche interessato a riflettere sul mondo dei bassifondi e sulle cause che portano l’uomo a commettere un crimine. Il suo romanzo più famoso è “Los atracadores” (“I rapinatori”), uscito nel 1955, un libro che racconta le avventure delinquenziali di tre giovani di diverso carattere ed estrazione sociale che si muovono attraverso la Barcellona del dopoguerra, nella zona del porto, nei quartieri proletari ma anche nei palazzi dell’alta società. Nel 1962 il regista Francisco Rovira-Veleta ne ha diretto l’adattamento cinematografico.
Un altro autore che ebbe grande successo negli anni Cinquanta è Tomás Gil Llamas (1898 – 1956), capo della Brigata Criminale della polizia di Barcellona tra il 1947 e il 1953. Venne licenziato per aver preso a pugni un superiore, ma si riciclò ben presto come scrittore di “non fiction”, si direbbe adesso. Nel 1955, infatti, pubblicò per Planeta un libro di memorie dei suoi anni in polizia, “Brigada criminal”, raccontando in modo dettagliato alcuni tra i più noti e cruenti casi di cronaca avvenuti nella città catalana. La prima tiratura di diecimila copie (moltissime per l’epoca) andò esaurita in un paio di mesi e l’editore fu costretto a ristamparla a spron battuto. La chiave del successo di Gil Llamas era un linguaggio diretto, lontano dall’artificio letterario, una descrizione ordinata dei fatti quasi da verbale di polizia; ma soprattutto la puntuale ricostruzione di eventi reali, tra i quali il famoso omicidio di Carmen Broto, una prostituta di lusso e cartomante che custodiva i segreti di buona parte dell’alta società barcellonese. Gil Llamas ha poi scritto un secondo volume delle sue memorie (“La ley contra el crimen”), ha partecipato alla sceneggiatura del film “Apartado de Correos 1001”, di Julio Salvador, considerato uno dei film fondanti del cinema noir spagnolo, ed è stato consulente di altre pellicole poliziesche.
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Articolo di Giorgio Ballario su Latin Noir