Intervista a Lisa Laffi

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Lisa Laffi è laureata in Conservazione dei Beni Culturali e vive a Imola, dove insegna. È autrice teatrale e di saggi di Storia. Con Tre60 ha pubblicato i romanzi storici L’ultimo segreto di Botticelli, La regina senza corona, giunto al secondo posto al concorso indetto dalla rivista Robinson come migliore biografia del 2020, L’erborista di corte e La dama dei gelsomini. Ha vinto i premi «Verbania for Women», «Alberoandronico» e «Terra di Guido Cavani».

Abbiamo recensito La morte dipinta, pubblicato dalla casa editrice Tre60 e ora abbiamo invitato l’autrice a parlarci del romanzo.

1. Benvenuta Lisa su Contorni di noir e grazie per la tua disponibilità. La morte dipinta è un giallo avvincente e ricco di colpi di scena che, grazie a una trama articolata e molto ben costruita, è anche un vero e proprio viaggio nel mondo dell’arte. Come è nata questa storia?
L.: Ho scritto “La morte dipinta” nel 2016 per mettere alla prova me stessa. Avevo appena pubblicato il mio primo romanzo storico e volevo uscire dalla mia comfort zone. Sono quindi passata dal romanzo storico al thriller, mantenendo un solo elemento in comune: volevo che, accanto ai due protagonisti in carne ed ossa, ci fosse l’arte come co-protagonista. Nel romanzo che ruota attorno alle figure di Bianca Riario e Caterina Sforza c’erano soprattutto i quadri di Leonardo, mentre con “La morte dipinta” si fa un vero viaggio attraverso l’arte del 1400, 1500 e 1600, passando da Botticelli a Caravaggio. Solo attraverso l’analisi attenta delle opere si può avere la chiave per risolvere il giallo che è alla base del romanzo.

2. La protagonista del tuo romanzo è una donna dal nome molto particolare, giovane, bellissima e che riesce ad affermarsi in un mondo lavorativo prettamente maschile. Come hai costruito questo personaggio femminile così originale?
L.: Sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali e probabilmente ho inserito un po’ di me e del mio background in Artemisia Gentileschi, la protagonista del mio romanzo. E’ figlia di un professore universitario di storia dell’arte dell’Università di Philadelphia e dal suo nome traspaiono sia le origini italiane della famiglia sia il grande amore del padre per la grande pittrice seicentesca. Si tratta, però, di un nome non facile da portare…
Chi leggerà con attenzione il romanzo vedrà un parallelismo tra le due donne che hanno in comune l’amore per la pittura, il talento in campo artistico e delle cicatrici dovute a fatti tragici delle loro vite, ma anche tra i due padri che sono personaggi fondamentali nelle loro esistenze.
Volevo che l’Artemisia del 2024 fosse un personaggio solo apparentemente perfetto, ma in realtà segnato dalla vita e, per questo, estremamente fragile e imperfetto.

3. Accanto ad Artemisia ci sono due personaggi maschili completamente diversi fra loro ed entrambi affascinanti, Mark e Sebastian. Quali aspetti del mondo maschile, con i suoi punti di forza ma anche con le sue fragilità, hai voluto cogliere e raccontare attraverso loro?
L.: Con Sebastian e Mark ho voluto mostrare quanto la società in cui viviamo richieda agli uomini un’immagine fatta di forza e sicurezza e quanto, in realtà, molti di loro abbiano una maschera che nasconde enormi fragilità spesso frutto del loro passato. Sebastian e Mark hanno scheletri nell’armadio e ferite che cercano di nascondere, ma che alla fine li rendono uomini interessanti e importanti per chi sta loro accanto, in primis Artemisia.

4. Ho trovato particolarmente interessante il fatto che la storia inizi a Milano per poi spostarsi a Philadelphia. Perché hai scelto proprio questa città americana e quali sue caratteristiche ti hanno spinta a renderla ambientazione del romanzo?
L.: Penso che i thriller debbano intrattenere e incuriosire. Io ho cercato di farlo anche attraverso le città. Ho inserito Milano perché ospita il Poldi Pezzoli, uno scrigno di capolavori che vanno dalla Dama del Pollaiolo alla conchiglia Nautilus. Spero che qualche lettore abbia voglia di visitarlo dopo aver letto il romanzo, perché ne rimarrà incantato.
Poi ho condotto tutti a Philadelphia, una tra le città che amo di più degli Stati Uniti perché è ricca di storia, di aneddoti e curiosità. Spero che il romanzo ne faccia scoprire alcune e che inviti ad andare alla ricerca delle altre. Quando il lettore è ancora preda della curiosità una volta chiusa l’ultima pagina del libro, vuol dire che si è compiuta la magia più bella e potente.

5. Attraverso questo romanzo ci fai conoscere molti dipinti meravigliosi, che ci descrivi così bene da spingerci non solo ad andarli a vedere ma anche a volerne sapere di più. Qual è fra questi il tuo preferito e perché?
L.: Difficile sceglierne solo uno, perché ho inserito quadri che per me avevano tutti un significato speciale. Ciò che li accomuna è che hanno diverse letture. Per esempio, ogni personaggio de “La Calunnia” simboleggia qualcosa: il sovrano è consigliato da due leggiadre figure femminili, che sono personificazioni dell’Ignoranza e del Sospetto, mentre la Verità è rappresentata come una giovane donna nuda, isolata e ignorata da tutti.
Amo molto anche l’autoritratto di Artemisia Gentileschi che è un’allegoria della Pittura. Artemisia ha rinunciato all’impaginazione classica degli autoritratti, che serviva a celebrare lo status sociale dell’artista, e quella che emerge dalla tela è l’immagine straordinariamente suggestiva di una donna innamorata della sua arte e che ad essa si affida perché preservi la sua creatività.

6. Che influenza hanno sulla tua scrittura e sul tuo lavoro di scrittrice i tuoi studi sull’arte e il tuo ricco background?
L.: Sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali, quindi sicuramente il mio background ha un ruolo importante nei miei romanzi. Quando ho iniziato a scrivere mi sono detta che avrei voluto, nei miei romanzi, non solo protagonisti in carne e ossa. Così ne “La dama dei gelsomini” e ne “L’ultimo segreto di Botticelli” c’è la pittura, ne “La regina senza corona” la scultura, ne “L’erborista di corte” la medicina. Volevo che fosse così anche per “La morte dipinta” che ha come co-protagoniste la pittura, ma anche la fotografia.

7. Nella tua storia uno dei tuoi personaggi dice: “La bellezza non è morta, è ancora tra noi. Basta saperla aspettare e trovare.”. Concordi con questa affermazione? E quale bellezza, secondo te, andrebbe raccontata e valorizzata in un mondo come quello contemporaneo che ne sembra ossessionato?
L.: Sono fermamente convinta che la bellezza non sia morta, ma forse siamo talmente abituati a imbatterci in una bellezza stereotipata da non cogliere più quella vera. Per me la vera bellezza non è quell’ideale di perfezione a cui i social, le serie e la televisione ci hanno abituato. Nemmeno Botticelli metteva su tela una bellezza ideale. Se guardiamo “La nascita di Venere” con attenzione vediamo il collo e un braccio molto lunghi, due dettagli che sono fondamentali per dare un’idea di delicatezza e fragilità alla donna ritratta.
Questa bellezza imperfetta, ma tanto più vera e convincente, è quella che cerco di far passare ogni giorno ai miei studenti e alle mie studentesse che vedo sempre più simili gli uni agli altri e, in qualche modo, stereotipati.

8. A proposito di bellezza, la copertina del tuo libro è davvero stupenda e nei ringraziamenti citi i grafici che l’hanno realizzata. Quanto è importante secondo te la copertina per un libro?
L.: Penso sia fondamentale perché è una sorta di biglietto da visita. Io adoro la copertina de “La morte dipinta” perché tutti, ad una prima occhiata, pensano raffiguri la famosa Gioconda di Leonardo. In realtà, è la cosiddetta “Monna Lisa del Prado” e a me piace molto il messaggio implicito che passa al lettore fin dalla cover: in questo romanzo nulla è come sembra.
Devo ringraziare infinitamente i grafici della Tre60 che, prima di questa, hanno realizzato altre due copertine – una con il “Narciso” di Caravaggio e una con la “Maddalena Penitente” di Georges de la Tour – permettendomi poi di scegliere.

9. Chiudiamo con una domanda di rito. Stai lavorando a una nuova storia? C’è la possibilità per noi lettori e lettrici di incontrare di nuovo Artemisia?
L.: Sì, sto lavorando a una nuova storia. Questa volta è un romanzo storico perché voglio continuare a dare voce alle donne del passato che possono ancora insegnarci molto.
Quanto ad Artemisia… mai dire mai, anche se scrivere un thriller per me è stato molto più difficile che scrivere romanzi storici. Quando vorrò imbarcarmi in una nuova sfida in questo genere affascinante e complesso in cui nulla deve essere lasciato al caso e tutto deve riannodarsi fino a formare un arazzo perfetto, so che Artemisia sarà lì ad aspettarmi e probabilmente sarà la prima a cui mi rivolgerò.

Intervista a cura di Linda Cester