Intervista a Luca Crovi

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Luca Crovi è redattore alla Sergio Bonelli Editore, dove cura le serie del commissario Ricciardi e di Deadwood Dick. Collabora con diversi quotidiani e periodici, ed è autore della monografia Tutti i colori del giallo (2002) trasformata nell’omonima trasmissione radiofonica di Radiodue. Per Rizzoli ha pubblicato L’ombra del campione (2018).

Crovi sarà ospite al Festival Giallo di sera a Ortona (CH) a due incontri: il 18 luglio insieme a Gianluca Morozzi alle 19,30 e successivamente con Roberta Bellesini, vedova di Giorgio Faletti, nella quale ripercorreranno la carriera dell’artista, alle 21,30.

Nell’attesa di incontrarlo, gli abbiamo fatto qualche domanda:

1. Ciao, Luca. Da qualche mese è tornato De Vincenzi con L’ultima canzone del naviglio. Dopo l’Ombra del campione, si torna negli Anni Trenta e a una Milano straordinariamente in evoluzione. Hai mai pensato di creare un personaggio diverso da De Vincenzi per raccontare la città più internazionale d’Italia?
L.: Per ora sono molto fedele a De Vincenzi. Mi piace la possibilità di utilizzare gli anni venti e trenta della mia Milano per poter avere anche un focus sul presente. Non ho ancora finito le storie che mi piace fargli vivere, e giusto oggi ho iniziato un racconto per l’estate a lui dedicato che credo stupirà i lettori perché costituisce uno spaccato di cinema dell’epoca. Non sono un autore pigro, mi piace cambiare stile e ambientazione e per questo sto lavorando anche a una favola che verrà illustrata dal mio amico Peppo Bianchessi ma non è ambientata a Milano e sarà una vera e propria gioia per gli occhi.

2.La pandemia ha suscitato un po’ di quella paura che solitamente è il risultato della lettura dei romanzi noir. Dopo la pandemia com’è cambiata la visione della scrittura di Luca Crovi autore di noir?
L.: Durante il lockdown ho scritto Il mistero della Torre del Parco uscito in 10 puntate sul Giornale. Usciva tutti i giorni in prima pagina come i feuilleton di una volta. E la sfida era quella di distrarre i lettori e farli evadere. Durante i giorni di pandemia ho scritto molto: un saggio introduttivo a un romanzo di Nero Wolfe per Neri Pozza che è già uscito, uno sul giallo italiano per Marsilio che uscirà a settembre. Scrivere mi ha fatto distrarre e concentrare. Nel mezzo vivevo la quotidianità con i miei figli in casa, mia moglie in ospedale e io in smart working a produrre fumetti che dovevano uscire in edicola. Non ho smesso mai di scrivere e la mia scrittura non è cambiata. Neanche la mia sensibilità è mutata e ovviamente come tutti ora non vedo l’ora di uscire, incontrare persone, andare a presentazioni e concerti.

3.Il 18 luglio sarai ospite della seconda edizione di Giallo di Sera Ortona con ben due interventi, particolarmente interessante sarà quello dedicato a Giorgio Faletti. Conoscevi Faletti? Che ricordo ne hai?
L.: Era una persona simpaticissima e piena di inventiva. Ho conosciuto Giorgio grazie a Tecla Dozio della libreria del giallo prima che debuttasse con io uccido. Parlavo un sacco di letteratura e musica con lui. L’ho visto anche jammare varie volte con i miei amici Seba Pezzani e Jeffery Deaver. Sono anche responsabile dell’incontro fra i due ad agosto a una cena Sonzogno a base di polenta taragna in mezzo a un caldo pazzesco. Giorgio mi aveva chiesto di intervistarlo nelle prime presentazioni di Io uccido alla Mondadori di Fidenza e a Villa Greppi di Monticello Brianza ma saltarono entrambe.
Lui era stato male e sua moglie Roberta lo aveva salvato per un pelo dalla morte, Quell’episodio angosciante me lo ha raccontato più volte perché gli aveva cambiato la vita come autore ma lo aveva portato sull’orlo del baratro. La prima volta che ci siamo rivisti in Rai per fargli un regalo sonorizzai una parte del suo romanzo, Giorgio la prese malissimo nonostante l’entusiasmo del pubblico in sala e per tutta la vita avrebbe voluto farmi uno scherzo dei suoi che ho svelato in un racconto contenuto nell’antologia “Giallo al cabaret”.
A Ortona racconterò quell’episodio ma anche uno scherzo bellissimo che Faletti fece a Carofiglio a Orta e al quale assistetti accanto a lui.

4. Il Festival di Ortona vedrà finalmente l’incontro degli autori con i lettori. Considerando che L’ultima canzone del naviglio è uscito in prossimità del lockdown, che effetto ti fa presentare il tuo ultimo romanzo “in presenza”?
L.: Sarà una bella festa e devo ringraziare Romano De Marco per avermi invitato. molti lettori mi hanno scritto durante il blocco perché hanno trovato molte assonanze fra la Milano bloccata dal gelo nel 1929 e quella fermata dal Coronavirus. In tutti e due i casi c’è stato desiderio di condivisione fra i cittadini, voglia di superare l’emergenza. Sarà bello parlare di neve al sole e al mare a Ortona.

Intervista a cura di Luciana Fredella